11 settembre 2017 – di CHIARA MAFFIOLETTI
Gian Marco Tognazzi: «Per mio padre Ugo il vero amore era la cucina. E recitare, l’hobby»
«Sono cresciuto con un padre che ha anticipato la moda della cucina di 40 anni: ne parlava quando non lo faceva nessuno e lo prendevano tutti in giro». I figli ereditano sempre le passioni dei padri?
Gian Marco Tognazzi è il conduttore di Chopped, un nuovo programma tv di cucina (negli Stati Uniti è un cult) in onda su Food Network (canale 33 del digitale). Un caso? Tutt’altro. .
La cucina era davvero una passione così radicata?
Era al centro della sua vita più del cinema. Diceva che l’hobby era recitare e la cucina era il vero amore. Scriveva libri di ricette, è stato direttore della prima rivista patinata di cucina. Per lui la presentazione del piatto doveva essere un quadro e cucinava solo quello che proveniva dalla sua terra, dal suo orto.
Un precursore…
E non voglio si dimentichi. Viveva l’80% del suo tempo a casa in cucina: era interdetta ai più, ma a me no, ero il suo assaggiatore.
Certi amori sono ereditari?
Dalla sua filosofia ognuno di noi ha attinto qualcosa: Ricky è quello che si diletta di più in cucina, Maria Sole ama sperimentare, provare ristoranti diversi. Io ho fatto mia la parte più legata alla terra, diventando imprenditore vitivinicolo. Ho ripreso in mano la tenuta dove sono cresciuto, a Velletri, La Tognazza. E ora sono un produttore di quel vino che non mancava mai alle cene di mio padre, quelle attorno a cui sono stati costruiti tutti i suoi personaggi.
A Ugo Tognazzi sarebbero dunque piaciuti tutti questi programmi di cucina?
Be’, è stato il primo anche in quello: aveva girato delle puntate pilota di una trasmissione di cucina per Rete4. Non andò in onda ma, anche lì, era in anticipo di 40 anni.
Anche per lei la recitazione è diventata l’hobby?
Io, a differenza di Ugo, devo fare i conti con un’industria che oggi è più che altro un piccolo artigianato. Le opportunità si sono molto ridotte ed è un mestiere che fanno molte più persone oggi. Pensare a un’alternativa è fare di necessità virtù: ci sono stagioni molto buone e altre di grande siccità.
Come con il vino…
Sì, ma lì diciamo che – più buono o meno buono – comunque lo fai. Con il cinema puoi anche non lavorare.
Un pensiero sugli astemi?
Li rispetto, come chi non mangia carne. Ma anche loro devono rispettare chi lo beve, molto semplice.
Fonte: www.iodonna.it