16 febbraio 2018 – di Mauro Guidi
Il regista Gabriele Muccino ha messo in moto, tramite un folto stuolo di artisti di gran valore, una tempesta di sentimenti che trova il suo spazio espressivo in una piccola isola dove una grande famiglia è riunita per festeggiare le nozze d’oro dei nonni. Tanti parenti, dai figli ai nipoti di molti nuclei familiari ‘allargati’, un eufemismo per dire ‘incasinati’ da conflitti e gelosie che vengono ulteriormente alimentati da un soggiorno obbligato sotto lo stesso tetto che doveva durare poche ore sennonchè un’improvvisa bufera di vento fa dilatare nel tempo.
Lo spettatore ha modo di pensare alla propria personale situazione affettiva e rapportarla a quella dei protagonisti del film. Può essere marito o moglie fedele o infedele, compagno/a dopo un primo divorzio, può essere genitore di figli con diverse madri o padri, può essere figlio ,fratello, sorella o cugino/a, oppure nonno/a od essere coinvolto in richieste onerose dal solito parente discolo che reclama una propria dignità economica. Addirittura Muccino ha pensato anche ad un’altra situazione estremamente destabilizzante all’interno di una coppia: una tremenda malattia come l’Alzheimer che può costringere all’abbandono della persona amata.
Insomma il regista ha realizzato uno ‘tsunami’ sentimentale che trova sicuramente ascolti e personali confronti che consolano i più colpiti ed intristiscono, magari, i fortunati spettatori con situazioni affettive più tranquille e desiderosi di vedere un film con una trama più articolata. Vabbè, tutto non si può avere, comunque i cinefili potranno dire di avere viste contemporaneamente in una stessa pellicola Sandra Milo (l’artista prediletta da Fellini), Stefania Sandrelli “Divorzio all’italiana” (1961) con Marcello Mastroianni e ”Sedotta e abbandonata” (1964) di Pietro Germi, Claudia Gerini e Massimo Ghini per la prima volta in versione anziani, Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Sabrina Impacciatore e Pierfrancesco Favino come promesse confermate del cinema italiano. Qualcuno pensa di avere intravisto applaudire perfino papà Tognazzi orgoglioso finalmente dell’interpretazione del figlio Gianmarco Tognazzi.
Bravi tutti ma non ci scordiamo la colonna sonora di Nicola Piovani e la fotografia di Shane Hurlbut con primi piani da fotomostra. Però un punto interrogativo nel titolo del film ci voleva! Magari per rispetto di quelle poche persone con famiglie più stabili.
Fonte: lettera43.it